Descrizione
Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano
di Marcello Marchesi
Perché “anche i neuroni specchio ci sorridono”? Perché questo titolo buffo e demenziale? Cerco di spiegarmi. Era un pomeriggio d’estate caldissimo, tutti erano partiti per le vacanze e io, allungato sul mio futon, fodera rossa, puro Ikea, cercavo un titolo per la tesi che mi avrebbe portato a conseguire il diploma in Musicoterapia. La mia mente, surriscaldata, vagava senza arrivare a nessuna conclusione. Avevo già esaminato e scartato diverse soluzioni, tra cui: La mia vita per la musicoterapia, Miracoli musicali, musica e guarigione, ho fatto parlare un bimbo autistico con la musica.
Scoraggiato, avevo concluso che per quel giorno l’idea giusta non mi sarebbe senz’altro venuta. Mi alzai. Presi una birra dal frigorifero, l’aprii e mi misi a sfogliare un vecchio libro di Gino&Michele che, circa vent’anni fa, aveva avuto uno straordinario successo. Lessi svogliatamente un po’ delle battute, riportate dai due autori e alcune le trovai carine, altre esilaranti, altre niente di speciale. Richiusi il libro scoraggiato, quando i miei occhi si fissarono, come calamitati, sul titolo in copertina: Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano. Quella frase paradossale, come in un processo alchemico, si trasformò nella frazione di un milionesimo di secondo in: Anche i neuroni specchio ci sorridono. Era nato il titolo della mia tesi. Queste parole, che potrebbero essere usate per intitolare uno spettacolo teatrale, un film comico o un libro di barzellette, riassumono ed esprimono, in un’analogia, quello che per me è o dovrebbe essere la musicoterapia: ovverosia una sintesi di scienza e arte, dove i neuroni specchio rappresentano la parte dura di questa disciplina, il suo hardware, per usare una metafora di tipo cibernetico, mentre l’espressione ci sorridono, la sua componente leggera, quella leggerezza molto cara a Italo Calvino (1993), costituisce dunque il suo software. Fare Musicoterapia, significa, secondo me, innanzitutto prendere atto che nella malattia, nella disabilità in generale, ma soprattutto in quella di tipo neuropsichico, c’è un dato “oggettivo” ineliminabile (nella mia metafora, rappresentato dai neuroni specchio), ma, d’altra parte, significa anche saper prendere le distanze e trascendere la natura, prendendola in giro (e dunque sorriderne). Per continuare con le analogie, il titolo mi fa pensare anche ad un testo assai importante per la nostra disciplina, Gioco e realtà di D.W. Winnicot (1979). I neuroni specchio, in questo caso, sono la realtà, con tutta la sua durezza ed ineluttabilità, il sorridere è il gioco, con la sua possibilità di fingere e immaginare una realtà diversa. L’idea del gioco mi spinge a cercare un collegamento con un altro concetto fondamentale per lo sviluppo mentale del bambino e per la Musicoterapia in generale: il “far finta”. Fonagy e Target (2001) ci ricordano che il senso della realtà psichica di un bambino molto piccolo ha una doppia caratteristica. Il bambino generalmente opera attraverso una modalità di “equivalenza psichica”, in cui le idee non sono sentite come rappresentazioni, ma piuttosto come repliche dirette della realtà e quindi sempre vere; tuttavia in altri momenti il bambino usa una modalità che è quella “del far finta”, in cui le idee sono sentite come rappresentazioni ma non viene verificata la loro corrispondenza o meno con la realtà. Dunque nella modalità del “far finta” il bambino introduce una differenza tra l’idea e la realtà, prima unite e indifferenziate: questa differenza è il gioco, la finzione. Il gioco è anche una miscela di prevedibile e di casuale e, senza una dose di casualità, non c’è né gioco né divertimento. G. Bateson (1984) scrive: “Senza il casuale non possono esservi cose nuove”…alla fine l’acqua bollirà, alla fine vi sarà sempre una differenza che fungerà da nucleo per il cambiamento…”. Nella sua essenza, mi sembra che fare Musicoterapia significhi introdurre una differenza in un sistema bloccato, costruire un nucleo attorno al quale si verifichi un cambiamento. Pertanto, come nell’evoluzione anche nella Musicoterapia, senza una dose di aleatorietà non vi è cambiamento e senza cambiamento non vi è integrazione e dunque riabilitazione. Per ritornare infine al titolo del mio lavoro, questi strani neuroni specchio che ci sorridono rappresentano l’inatteso, un’idea paradossale e balorda che mi è venuta , appunto, per caso. Il lavoro che segue è diviso in due parti. Nella prima, che si intitola Musica, autismo e neuroni specchio, ho tentato di collegare l’idea di Daniel Stern (1985) sulle sintonizzazioni affettive alle recenti scoperte sui neuroni specchio (Rizzolati, Sinigaglia, 2005) e queste, a loro volta, con l’autismo (supponendo un’ipofunzionalità dei neuroni specchio in questa patologia). Nella seconda, dal titolo Il canto di Matteo e altri racconti, ho narrato alcune mie esperienze di lavoro che ritengo particolarmente significative e che rappresentano una verifica sul campo delle premesse teoriche da cui sono partito. Come conclusione ho inserito un mio racconto, Cane nero, con un finale a sorpresa di tipo musicale. In essa ho cercato soprattutto di mettere in luce, oltre all’aspetto relazionale, la componente musicale in Musicoterapia.
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