Descrizione
Il libro che qui viene presentato costituisce, a ben vedere, un ambizioso e compiuto progetto di educazione musicale. La prospettiva didattica non esaurisce, però, le sue potenzialità all’ambito scolastico. Se «giocare con la musica», secondo l’esplicita intenzione dell’autrice, diventa la strategia accattivante per accostare il bambino al mondo dei suoni, l’intento educativo si svela nella «percezione sonora come base dell’intelligenza musicale».
Ma «imparare giocando» non è il solo intento del libro: un aspetto ampiamente trattato è quello rivelatosi straordinariamente importante a livello clinico con la musicoterapia. Si tratta di una pratica che incontra crescente consenso e successo: l’ascolto fetale del ritmo cardiaco della madre e dei suoni del mondo circostante sedimentano ricordi che possono essere richiamati alla memoria e accendere sviluppi positivi a livello cognitivo.
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Se la musica è gioco, lo è a partire dalla straordinaria forza evocativa e comunicativa che essa possiede. Un solido impianto teorico fa da sfondo all’intera struttura del libro, dove la musica viene filtrata attraverso la cartina di tornasole della comunicazione massmediatica ed alcune importanti categorie interpretative, come quella che rinvia a Kant e al suo schema sintetico che è alla base della teoria dell’ascolto responsabile: i momenti isolati di fascino sensoriale (“orecchiabile”) si dimostrano inconciliabili con la costituzione immanente dell’opera d’arte, che vive all’interno di una sostanziale unità sintetica. La musica non deve solo divertire e distrarre, ma è anche fonte non secondaria di conoscenza.
Questa è la tesi di Th.W. Adorno, il grande filosofo e musicologo tedesco morto nel 1969, a cui è dedicata buona parte del primo capitolo. L’idea che nella musica trovino espressione le tensioni e le fratture profonde della società contemporanea costituisce il motivo di fondo della musicologia e sociologia filosofica di Adorno, in cui concorrono elementi del pensiero marxista, dello hegelismo di sinistra e della filosofia «negativa». Partendo dall’analisi dei fenomeni di mercificazione estetica prodotti dall’industria della cultura di massa, egli vide nell’isolamento dell’avanguardia e nel radicalismo delle sue scelte linguistiche una via di salvezza, tragica e utopistica, contro i processi di razionalizzazione massificante messi in moto dal capitalismo maturo. Esemplare in tal senso resta l’interpretazione da lui data nella Filosofia della musica moderna (1949), della musica di Schönberg e della sua scuola, idealmente contrapposta al neoclassicismo «reificato» di Stravinskij. Le categorie della filosofia adorniana (fondamentali anche i suoi saggi su Wagner, 1952, e Mahler, 1960) ebbero grande influenza sul pensiero delle avanguardie musicali del secondo dopoguerra, i cui sviluppi trovarono in lui un acuto e talvolta polemico osservatore.
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